Giornata della memoria: Rwanda – Lo spettacolo

Perché questo spettacolo in una giornata come oggi? Sappiamo tutti che il 27 gennaio è dedicato al ricordo delle vittime dei campi di concentramento, chiunque esse siano. Per non dimenticare, certo. Per ricordare gli orrori perpetuati, le vittime di un progetto di distruzione deciso razionalmente in nome di un bene comune, sentito come necessità da perseguire. Per non dimenticare quanto è stato fatto. E condannarlo. Sì, condannare l’odio indiscriminato per chi era bollato come inferiore, come vita indegna di essere vissuta..
Tutti siamo d’accordo nel condannare questo eccidio; tutti ci chiediamo come sia stata possibile tale notte dell’umanità, e per un attimo proviamo un senso di vergogna profondo nel constatare fino a che punto possa confondersi il confine tra ciò che separa l’umano dal disumano. Impossibile ci diciamo….impossibile e insopportabile…no…non potrà accadere di nuovo…tutti noi insorgeremmo per vietare, fermare qualcosa di simile..
Certo, forse non nelle stesse forme, ma siamo così sicuri che tutto questo non sia in qualche modo accaduto ancora? O che accada anche oggi, nel nostro presente? Non è la stessa logica di fondo, che ha giustificato quell’eccidio, a manifestarsi quando alziamo la voce intonando cori di disprezzo verso gli inferiori di oggi? Quando guardiamo dall’alto al basso gli altri perché ci sentiamo migliori? Quale atteggiamento sta dietro i cosiddetti atti di bullismo? O quando distogliamo lo sguardo per non vedere qualcosa di scomodo e non sentirci in dovere di intervenire?

Nel romanzo di Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore, il protagonista, mentre si trova in un ricovero per malati di mente e disabili gravi, osserva un padre che silenzioso guarda il figlio immobile nel letto; dopo aver passato la giornata a interrogarsi se fosse possibile considerare quei malati delle persone e la loro una vita si trova a fare questa affermazione: “ecco, questo modo d’essere è l’amore. L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo”. Appunto… ed è la logica sottesa alla scelta di Augustin e Cecile, i protagonisti dello spettacolo che Mara Moschini e Marco Cortellesi oggi ci presentano.
La scelta allora tra l’umano e la sua negazione sta semplicemente solo in questo.